Sommario

La personalità passivo-aggressiva si contraddistingue per una modalità relazionale apparentemente disponibile e accondiscendente che cela, però, giudizio e ostilità nei riguardi dell’altro. Questo stile di comportamento nasce dall’incapacità di esprimere le proprie emozioni negative, in particolare la rabbia, in modo assertivo e razionale e prevede l’utilizzo di modalità indirette e passive volte ad aggredire l’interlocutore senza doverlo affrontare apertamente.

Fu durante la Seconda guerra mondiale che, per la prima volta, venne utilizzato il termine “passivo-aggressivo”. Il colonnello William Menniger notò che alcuni soldati erano soliti offrire resistenza e procrastinazione agli ordini impartiti dai superiori. Esisteva una precisa differenza tra gli individui che si ribellavano apertamente agli ordini e questi ultimi che, invece, avevano uno stile passivo mettendo in atto comportamenti cronici che erano caratterizzati da modalità resistenti e ostili. L’aggressività veniva espressa da uno stile “indirettamente rabbioso” contraddistinto dal continuo evitamento del confronto aperto, mentre la passività veniva agita mettendo in atto sabotaggi, il frequente utilizzo del sarcasmo e procrastinazioni di vario tipo.

I tratti distintivi della personalità passivo-aggressiva

I tratti distintivi di questo stile di personalità sono l’irritabilità, la manipolazione, il cinismo e l’ambivalenza nell’esprimere rabbia e irritazione. Il tono utilizzato è spesso contraddistinto da modalità cupe e vittimistiche. I soggetti con personalità passivo-aggressiva spesso si sentono incompresi e poco apprezzati da chi li circonda e la loro ambivalenza si caratterizza per il fatto che da una parte desiderano essere apprezzati dagli altri, mentre dall’altra vogliono affermare sé stessi. Si mostrano in apparenza accondiscendenti e disponibili, ma nei fatti si dimostrano giudicanti e oppositivi. Il loro atteggiamento risulterà comunque, in apparenza, cordiale, salvo poi diventare, successivamente, scontroso e imbronciato fino a negare, a volte, il dialogo con l’interlocutore.  Si tratta di quella che viene definita come una aggressione non verbale. Il comportamento passivo-aggressivo non consente a chi lo mette in atto di comprendere la reazione dell’altro. Questo gli permette di assumere il ruolo di vittima scaricando la colpa sull’altro, perpetrando la dinamica vittima-carnefice.

Tali attitudini oppositive e la resistenza passiva vengono messe in atto anche in presenza di banali richieste che possono essere fatte in vari contesti, da quello lavorativo, a quello amicale, fino a quello sentimentale. Questi forti sentimenti di rabbia vengono manifestati con modalità mai apertamente conflittuali. Ciò può generare, nelle persone che si relazionano con questi soggetti, un profondo senso di frustrazione, perché il modus operandi utilizzato, non essendo apertamente aggressivo, non viene sempre chiaramente riconosciuto; tuttavia, nella relazione si vive uno stato costante di conflitto e tensione. Nel breve periodo il comportamento passivo aggressivo è più conveniente e non richiede abilità assertive consistenti. Nel lungo periodo, però, risulta essere altamente tossico nelle relazioni interpersonali e i rapporti con un soggetto con personalità passivo-aggressiva, nel tempo, diventano distruttivi e confusi.

I tratti distintivi di questo disturbo, a livello comunicativo sono:

  • Presenza costante di sarcasmo e pungente ironia;
  • Tendenza a evitare le responsabilità ed estrema sensibilità alle critiche;
  • Presenza importante di “frecciatine”, o di espressioni vaghe e/o contraddittorie volte al mantenimento di una distanza emotiva (un esempio classico è il “come vuoi” in una scambio che inizia ad acquisire i toni di un diverbio) o del silenzio, somministrato con aggressività. Gli altri vengono spesso accusati di non riuscire a comprenderli e di non apprezzare il loro operato, ma evitano comunque lo scontro diretto negando sempre, in modo esplicito, che ci sia qualcosa che non va;
  • Spiccata attitudine a rimandare continuamente impegni e obblighi. Messa in atto di un continuo rinvio delle attività da svolgere volta a lasciare sempre parzialmente incompleto quanto iniziato. Vengono quindi commessi piccoli errori, dimenticanze e disattenzioni che esprimono in modo nascosto, subdolo, una marcata insofferenza per il compito che è stato assegnato.

I comportamenti dei soggetti con personalità passivo-aggressiva

  • Nel momento in cui vogliono ottenere qualcosa si mostrano disponibili e accondiscendenti;
  • Sono competitivi in modo non sano e molto frequentemente esprimono invidia e acredine nei riguardi di persone che reputano più fortunate, cercando di mettere in risalto le loro difficoltà attraverso una lamentela persistente ed eccessiva, ostentando vittimismo e incolpando delle loro sfortune e delle loro sofferenza chi li circonda;
  • Non mostrano mai i loro veri sentimenti e spesso usano il silenzio nel tentativo di generare nell’interlocutore sentimenti di colpa e incertezza. Nel caso in cui, quindi, venga detto o fatto qualcosa di non gradito, il dissenso non verrà manifestato apertamente, ma verrà somministrata una punizione silenziosa al fine di punire la persona che ha fatto del male;
  • Sul lavoro mirano a sabotare il compito loro assegnato, operando resistenza nell’adempimento dello stesso. In apparenza si mostrano cooperativi, ma l’obiettivo è quello di rimandare il più possibile la conclusione dell’incarico nel tentativo di provocare ripercussioni sull’autorità. Come è facilmente intuibile, questo può causare notevoli difficoltà perché i sentimenti provati da parte di queste persone sono di profonda avversione nei riguardi dei loro superiori. Sentendosi costantemente sottovalutati, tendono a riversare sugli altri la colpa di un risultato non raggiunto o di un compito svolto male;
  • La loro visione del mondo è sostanzialmente pessimista e a qualsiasi azione viene attribuito un probabile esito negativo. Sono emotivamente instabili, soprattutto in situazioni stressanti e la capacità di adattamento alla vita quotidiana risulta essere scadente;
  • Si mostrano spesso caratterialmente forti, spavaldi e sicuri di sé, ma, nel profondo, sono caratterizzati da una scarsa autostima e fanno fatica a tenere il punto sulle decisioni prese;
  • È sempre presente un evidente contrasto tra il bisogno di dipendere dagli altri dagli altri e il desiderio di autoaffermarsi; Nelle relazioni affettive sono dipendenti e mirano a controllare in modo manipolativo il rapporto per ottenere quello che vogliono. Vivono a cavallo tra voglia di indipendenza, paura dell’autonomia ed estremo bisogno di accudimento. Questo genera un disperato tentativo di non far andare via le persone vicine per ottenere sicurezza e protezione. Vivendo quindi in un limbo, sono destinati ad una coazione a ripetere che va dalla ricerca dell’altro al bisogno di manipolarlo privandolo di una propria autonomia relazionale. Riuscire a mantenere una relazione affettiva stabile con un individuo con personalità passivo-aggressiva è molto complicato perché quello che viene costantemente vissuto all’interno del rapporto è un mix esplosivo fatto di sottomissione, opposizione, complicità e ostilità. A questo si aggiunge l’aggravante che, spesso, nel momento in cui l’interlocutore perde il controllo manifestando risentimento e rabbia, il passivo-aggressivo sperimenta un senso di gratificazione;
  • Ciò che quindi li contraddistingue maggiormente sono una forte ostilità e la reiterata tendenza al sabotaggio, finalizzata al danneggiamento dell’altro per sentirsi superiori. Il comportamento passivo aggressivo è un modo deliberato e mascherato di esprimere sentimenti di rabbia nascosti, (Long & Whitson, 2008) presente in tutte le culture, a prescindere dal livello socio-economico. Le cause di un comportamento simile possono avere a che fare con la paura del confronto, l’incapacità di saper gestire la rabbia in modo adulto e competente o dalla mancanza di abilità adeguate da un punto di vista comunicativo. Quello che è alla base del desiderio di fondo è la voglia di punire chi aiuta o chiede qualcosa.
personalita passivo aggressiva

Ipotesi sull’infanzia

L’origine di questo comportamento potrebbe attribuirsi al fatto che nel bambino viene punita una modalità ambivalente che oscilla tra il ricevere e attaccare chi si prende cura di lui. Il risultato che ne deriva è che viene “attaccata la mano che nutre”. Ciò comporta uno stile masochista, ma anche sadico. La persona che si prende cura viene percepita come cattiva e trascurante. Alla base si nasconde una profonda delusione nei riguardi delle figure che sono deputate alla cura del bambino e che non hanno soddisfatto sufficientemente l’amore che desiderava ricevere. Verso di loro viene quindi agito odio e ostilità, ma in modo passivo, nel tentativo di non attaccare deliberatamente e apertamente l’altro col rischio di perderlo per sempre.

Secondo Lorna Benjamin l’inizio dell’infanzia delle persone passivo-aggressive è caratterizzato da uno stile genitoriale ricco di attenzioni e di cure. Questo genera una costante aspettativa di accudimento e sostegno da parte del bambino che però, ad un certo punto, vede cambiare, all’interno del contesto in cui vive, lo stile di accudimento fino a quel momento offerto dai genitori. L’esempio classico è l’arrivo di un fratello o di una sorella che spostano gli equilibri e portano i genitori a chiedere una maggior disponibilità al primogenito nell’adempiere mansioni di vario tipo (esistono però tante altre ragioni per le quali uno stile di accudimento genitoriale possa subire dei cambiamenti durante l’infanzia di un bambino).

Una cura così avvolgente e soddisfacente nella prima infanzia si trasforma, quindi, in una sequela di richieste ingiuste (o che vengono percepite come tali). Questo porta allo sviluppo di un modello interno in cui ogni figura che fornisce cura o che rappresenti un’autorità inizia ad essere vissuta come incompetente, ingiusta e crudele. Le aspettative vengono recepite come eccessive e ogni tentativo di autonomia viene interpretato come contrario agli interessi dei genitori. Questo provoca rabbia che viene espressa in modo indiretto. Iniziano a svilupparsi atteggiamenti provocatori e i compiti assegnati ad essere svolti in modo imperfetto e con tempistiche estremamente dilatate. Sebbene, inoltre, la rabbia sia un’emozione importante e centrale in molte esperienza della vita, in alcune famiglie i bambini vengono spesso educati in una direzione che li invita a nasconderla, a non manifestarla apertamente e a cercare altri canali per esprimere la propria frustrazione. Questo perché non viene considerata accettabile e al bambino viene passato il messaggio che “essere buoni” è di gran lunga preferibile e che esternare apertamente sentimenti negativi non sia opportuno. Lo stile messo in atto è quello della provocazione-compiacenza che viene percepito come l’unico possibile. Questo porta, nel futuro adulto, allo sviluppo di una marcata suscettibilità al potere e alle figure percepite come autoritarie.

Esistono inoltre, tutta una serie di altre motivazioni che è opportuno considerare:

  1. La rabbia viene comunque vissuta dentro di noi e non potendola manifestare apertamente, spesso cerchiamo modalità alternative per esprimerla. Come abbiamo già chiarito, nello stile passivo-aggressivo, la via seguita per manifestarla acquista i toni del sarcasmo, della procrastinazione, del vittimismo.  
  2. Diventare assertivi fa parte di un processo di crescita lungo e complesso, che può richiedere sforzi e impegno. Il comportamento passivo aggressivo, di più facile acquisizione, in alcune persone non si perfeziona in un comportamento più adulto. È il segno di un’espressione emotiva immatura.
  3. Il passivo aggressivo non mettendosi mai in discussione, riesce a razionalizzare facilmente il proprio comportamento. Questo rende l’altro sempre potenzialmente in torto, fino a farlo diventare un nemico e lo conferma nel proprio stato di vittima.
  4. Spesso, da parte della persona passivo-aggressiva, vengono messi in campo comportamenti che hanno la vendetta come nucleo centrale da indirizzare a chi non gli ha riconosciuto valore e merito;
  5. Aggredire passivamente l’altro, può generare un sentimento di potenza dovuta all’idea di riuscire a controllare le risposte emotive dell’interlocutore.

Va chiarito che nella vita di tutti i giorni può capitare a tutti di mettere in atto, nelle relazioni con gli altri, comportamenti di questo tipo. Il motivo risiede nel fatto che, in alcune situazioni, è opportuno evitare conflitti e discussioni. A volte, quindi, chiunque potrebbe manifestare condotte passivo-aggressive perché imparare a controllare le proprie emozioni, riuscendo comunque a manifestare il nostro disappunto, può essere funzionale. Questo vuol dire che non tutte le manifestazioni passivo-aggressive sono inquadrabili all’interno di un quadro patologico. È la ripetizione reiterata di questi sentimenti negativi indirettamente ostili a farne un modello comportamentale inquadrabile con un disturbo.

Come riconoscere una persona passivo-aggressiva?

Oltre alle considerazioni già fatte, ci sono alcune frasi tipiche, pronunciate durante una conversazione, che vengono ripetute dalle persone passivo-aggressive. Queste sono indice della probabile presenza di questo stile comportamentale:

  • “Bene; Ok.”: espressioni di questo tipo sono un modo ottimale per ritirarsi velocemente da conversazioni scomode al fine di tagliare la conversazione, salvo poi esprimere la rabbia in modo indiretto; 
  • “Non sono arrabbiato”: la rabbia, come è nel più tipico modello passivo-aggressivo, viene negata;
  • “Tra poco…”: alla richiesta di adempiere a un compito, l’obiettivo è quello che ritardare il più possibile il compimento dell’azione;
  •  “Non avevo capito che intendevi ora…”: il bisogno di rimandare viene usato per frustrare gli altri e la procrastinazione viene spesso usata per tirarsi fuori da questioni scomode senza doverlo esprimere apertamente;
  • “Pensavo lo sapessi…”: omettere dei particolari o delle informazioni è un altro modo in cui la persona passivo-aggressiva manifesta la sua rabbia. Scegliendo di non condividere alcune informazioni si può mettere l’altro in difficoltà e non consentirgli di risolvere o prevenire alcuni problemi. Questo genera gratificazione nella personalità passivo- aggressiva;
  • “Stavo solo scherzando..”: spesso il sarcasmo viene utilizzato per manifestare rabbia in modo più accettabile dal punto di vista sociale. Nel momento in cui qualcuno dovesse risentirsi per qualcosa detto in toni sarcastici, questa sarà la frase di risposta del passivo-aggressivo; 
  •  “Vuoi sempre che tutto sia perfetto!”: quando non è possibile sfilarsi da situazioni che prevedono l’adempimento di un compito, ne verrà offerto uno svolto male o in modo parziale. Confrontato con il suo lavoro, accuserà l’interlocutore di chiedere prestazioni troppo elevate o di avere standard eccessivi; 
  •  “Certamente! Sarò felicissimo di esserti di aiuto!”: a volte viene ostentata disponibilità, ma l’intenzione sottostante è esattamente opposta;
  • Perché sei sempre così nervoso?”: vivendo in una costante calma apparente, si mostrano meravigliati quando gli altri esplodono. In realtà l’obiettivo è quello di far perdere il controllo all’altro al fine di provare gratificazione.

Conclusioni

È molto frequente che le persone che soffrono di questa modalità mascherata di aggressività non ne siano consapevoli. Se i tratti aggressivi arrivano a condizionare le relazioni e la vita lavorativa dell’individuo è necessario contattare uno psicoterapeuta per analizzare l’origine di questi comportamenti e comprendere come risolverli. Modificare uno stile passivo-aggressivo di personalità è possibile, sperimentando in terapia modi più funzionali per poter esprimere il proprio punto di vista, imparando a riconoscere i propri pensieri disfunzionali e l’impatto che questi hanno su di sé e sugli altri.

La psicoterapia è essenziale per permettere alla persona passivo-aggressiva di riuscire a trasformare la sua rabbia celata, nascosta, in una rabbia sana, che possa essere esplicitata in modo adulto e competente. L’obiettivo è quello di trovare modalità alternative di risposta direzionando il proprio comportamento verso uno stile più assertivo, dando voce alle proprie emozioni, senza la paura di perdere i propri riferimenti interni e i propri affetti.