Sommario
“Finché c’è lui/lei, tutto va bene”.
Il Disturbo Dipendente di Personalità si caratterizza per un intenso e pervasivo bisogno di essere curati ed accuditi, che porta ad avere atteggiamenti di subordinazione e sudditanza nei confronti di un’altra persona, percepita come necessaria alla propria sopravvivenza. L’eccessivo attaccamento e investimento del soggetto dipendente nei riguardi dell’altro, comporta una progressiva perdita dei propri interessi e della propria autonomia.
La nota psicologa e psicoterapeuta L. Benjamin, nel descrivere i soggetti che presentano tale disturbo, afferma: “Sono passivi, dipendenti, si sottomettono nelle relazioni interpersonali (specialmente nelle relazioni con figure di autorità) e hanno bisogno di molto sostegno e rassicurazione. Inoltre sono caratterizzati dalla paura dell’abbandono e da un concetto di sé particolarmente debole”.
Secondo la letteratura il DDP è più frequente nelle donne ed è spesso in comorbidità (presenza contemporanea di più patologie) con altri disturbi: il disturbo depressivo maggiore o persistente, il disturbo d’ansia e l’abuso di alcol.
Convinti di non sapersi prendere cura di sé stessi, le persone con disturbo dipendente di personalità usano la sottomissione per avere sostegno e attenzioni da parte degli altri e hanno spesso bisogno di essere rassicurati anche per decisioni ordinarie o banali (per esempio, cosa indossare). Non riuscendo ad assumersi la responsabilità in molti ambiti della loro vita, chiedono agli altri, sovente il partner, di dar loro indicazioni praticamente su tutto, dal lavoro, alle amicizie. A causa delle loro percezione di inferiorità, che li porta a sminuire le proprie capacità effettive, vivono ogni critica come prova della loro incompetenza e il minimo cenno di disapprovazione rischia di minare in modo consistente la fiducia, già scarsa, che hanno in sé stessi.
Essere in disaccordo, per loro, equivale al rischio altissimo di perdere (o comunque mettere in pericolo) la relazione con l’altro, rendendoli oltremodo accondiscendenti, anche quando reputano sbagliato un punto di vista o un’azione altrui. Tutto viene tollerato per mantenere il quieto vivere e per continuare a ricevere aiuto e approvazione. Questa modalità viene messa in pratica anche quando la rabbia che provano ha un senso e ha ragione di esistere. Sentendosi profondamente inadeguati, non hanno mai iniziative di alcun tipo e, per questo, difficilmente si assumono responsabilità. Riescono ad avere un funzionamento adeguato solo se opportunamente supportati, stando attenti, tuttavia, a non mostrarsi troppo competenti. Essere all’altezza della situazione, infatti, li farebbe apparire in grado di farcela da soli e per una persona con disturbo dipendente di personalità questo è pericoloso, proprio per il timore di essere abbandonati. Il loro obiettivo inconscio è quindi quello di non raggiungere mai l’indipendenza. Possono arrivare a tollerare abusi fisici, psicologici e richieste irragionevoli pur di mantenere il legame perché per loro tutto è preferibile all’abbandono.
Le loro relazioni sono generalmente poche e si limitano alle persone dalle quali dipendono. Quando un rapporto finisce cercano di sostituirlo rapidamente, non curandosi molto del fatto che il sostituto possa essere adeguato per loro. Chiunque, potenzialmente, può andar bene, purché si prenda cura di loro. Va detto, inoltre, che l’abbandono è temuto anche se non esistono motivazioni reali che possono portare ad aver paura della fine della relazione.
Caratteristiche psicologiche
È importante comprendere quali siano le caratteristiche psicologiche delle persone con un DDP e andranno presi in considerazione i punti di vista che riguardano la percezione di sé stessi e degli altri, oltre a porre l’attenzione su quelle che sono le loro credenze intermedie e profonde, le emozioni principali, le minacce percepite e le strategie di coping (le modalità con le quali un individuo riesce a tenere sotto controllo e/o affrontare conflitti e situazione stressanti):
- Visione di sé stessi: si percepiscono come insicuri, incapaci, bisognosi di aiuto e non autonomi. Tendono ad equiparare la loro tendenza a sottomettersi alla “gentilezza” e si descrivono come “persone buone” e non meritevoli di essere puniti. Alla base c’è una interiorizzazione di disprezzo che vivono nei riguardi di sé stessi, a causa della loro inadeguatezza;
- Visione degli altri: l’altro viene vissuto come portatore di aiuto e di supporto e viene considerato competente, a prescindere dalle sue effettive capacità;
- Credenze intermedie e profonde: ci sono delle frasi che più di altre risuonano nella loro testa: a) non posso vivere senza di lui/lei – b) gli altri mi servono per poter sopravvivere e quindi ho bisogno di loro – c) sarò felice solo se qualcuno mi amerà – d) se mi abbandoneranno morirò – e) rimani il più possibile vicino a me – f) cerca di essere accondiscendente con gli altri – g) sono totalmente impotente/incompetente – h) devo coltivare le relazioni intime più di ogni altra cosa – i) sono completamente solo – l) se mi renderò indispensabile allora lui/lei mi terrà per sempre con sé – m) non verrò mai abbandonato se farò di tutto per farlo/farla stare bene;
- Minacce percepite: è ovviamente quella dell’essere abbandonati, a causa della loro incapacità nell’affrontare autonomamente la vita;
- Emozioni principali: l’emozione con la quale i dipendenti fanno maggiormente i conti è l’ansia, generata dalla continua paura di perdere la persona di riferimento. Nel caso in cui l’abbandono si verifichi realmente, possono scivolare anche in profonde depressioni. In contrapposizione possono provare grande gratificazione quando i loro desideri vengono soddisfatti;
- Strategie di coping: coltivare una relazione basata sulla dipendenza, fino a subordinarsi del tutto alla persona che percepiscono come più forte, sarà la strategia adottata con più frequenza.
Sintomi
Sono necessari almeno 5 dei seguenti sintomi per poter fare una diagnosi di disturbo dipendente di personalità:
- Timore di trovarsi in disaccordo con gli altri, con conseguente disapprovazione;
- Difficoltà a prendere decisioni quotidiane senza consigli, rassicurazioni o suggerimenti da parte di altre persone;
- Difficoltà nell’iniziare progetti senza l’appoggio degli altri;
- Cercare di sostituire rapidamente una relazione una volta che si è conclusa la precedente;
- Preoccupazione costante di essere lasciati e di non essere in grado di sopravvivere da soli, anche quando sono assenti dei fatti che possano confermare questo timore;
- Incapacità nel prendersi le proprie responsabilità chiedendo ad altri di farlo per loro;
- Bisogno di protezione tale da consentire agli altri di imporre il loro punto di vista, tramite un comportamento totalmente sottomesso;
- Grande difficoltà nell’intraprendere progetti propri, non per mancanza di motivazione o energie, ma per sfiducia profonda nelle loro idee e capacità;
- Profondi sentimenti di disagio quando sono soli;
- Tendenza ad accettare di svolgere anche compiti sgradevoli, per ottenere sostegno da parte degli altri;
- Nel caso in cui una relazione volga al termine, fanno di tutto per sostituirla nel minor tempo possibile.
Questi sintomi vedono il loro esordio nella prima età adulta. Il disturbo colpisce in misura maggiore le donne con un marcato aumento di intensità dopo i 40 anni.
Qualora dovesse capitare, ad una persona con DDP, di non essere all’interno di una relazione stabile, la sensazione percepita sarebbe quella di uno “stato di vuoto” insostenibile, che corrisponde al sentirsi come “un foglio bianco”, “totalmente privi di senso e di scopo”, “navi alla deriva senza timone”. Tutto questo può portare a stati depressivi importanti.
E’ bene specificare che questi individui hanno, in realtà, dei desideri propri, ma difficilmente riescono ad esternarli e talvolta non riescono nemmeno ad esserne consapevoli. È quindi evidente, per queste ragioni, che non sono in grado di perseguirli se non vengono supportati dalla persona di riferimento, mostrando la tendenza a ritrarsi e a non assumersi la responsabilità delle loro azioni. Per loro, quindi, le relazioni sono centrali e se le loro aspettative non vengono soddisfatte, si sentono obbligate ad acconsentire a richieste di ogni tipo, pur di non essere abbandonate. Questo può portarli a vivere sentimenti come rabbia e tristezza, che non verranno però manifestati apertamente e saranno vissuti in silenzio. Raramente troveranno il coraggio di esternare il loro punto di vista, ma anche qualora dovessero riuscire a darsi il permesso di farlo, cercheranno quanto prima di ristabilire serenità all’interno della relazione, venendo incontro il più possibile alle esigenze dell’altro.
I soggetti con Disturbo dipendente di personalità sono, quindi, frequentemente esposti a:
- Depressione: questo è uno dei problemi che si manifesta più frequentemente. Si mostreranno del tutto privi di iniziativa, indifesi e con difficoltà consistenti nel risolvere problemi e nel prendere decisioni;
- Disturbi d’ansia: gli stati ansiosi si manifestano a causa della costante paura di essere abbandonati e/o di rimanere soli;
- Attacchi di panico: quando devono prendere decisioni o si vedono costretti a farsi carico di nuove responsabilità, l’ansia può divenire ingestibile dando vita ad attacchi di panico.
Molto spesso, le persone con Disturbo Dipendente di Personalità avvicinano persone con caratteri forti, o apparentemente tali. I soggetti narcisisti spesso si accompagnano a personalità dipendenti assumendo nei loro confronti atteggiamenti prevaricatori fino ad arrivare, non raramente, ad avere comportamenti abusanti. Essendo terrorizzati dall’abbandono, i DDP sono spesso vittime di manipolazioni e atteggiamenti violenti, sia fisicamente che psicologicamente.
Diagnosi differenziale
È importante sottolineare la differenza che passa tra il DDP e altri disturbi di personalità:
- Disturbo Borderline: i pazienti con questo disturbo, differiscono da quelli con Disturbo dipendente di personalità per il fatto che non accetterebbero mai di sottomettersi al tipo di controllo che sono invece disposti a tollerare i DDP. I pazienti borderline, infatti, oscillano tra una modalità sottomessa di interazione e una ostile e rabbiosa. Sebbene siano entrambi spaventati dalla possibilità di essere abbandonati, dal vuoto che vivono in solitudine e dall’idea di essere sbagliati, i borderline hanno la caratteristica di essere caotici nelle relazioni e molto instabili emotivamente;
- Disturbo evitante di personalità: sono individui che temono e desiderano allo stesso tempo e nello stesso modo, una relazione. La loro tendenza è, quindi, quella di condurre una vita isolata fino a quando non sono del tutto sicuri di poter essere accettati da qualcuno senza critiche e giudizi. Al contrario i DDP cercano sempre la relazione e fanno di tutto per mantenerla;
- Disturbo istrionico di personalità: più che la rassicurazione, tanto cercata dalle persone con Disturbo dipendente di personalità, gli istrionici si caratterizzano per il fatto di cercare attenzione e sono molto più disinibiti dei dipendenti, che sono invece timidi e tendenzialmente schivi. Sono entrambi caratterizzati da un’idea di sé estremamente inadeguata e si considerano non in grado di vivere autonomamente e di affrontare le responsabilità, ma i soggetti istrionici ricercano continue attenzioni, mentre i dipendenti hanno bisogno di essere e accettati e accuditi.
Ipotesi patogena
Si ipotizza che alla base della formazione del disturbo dipendente di personalità ci siano:
- Fattori culturali;
- Esperienza negative precoci;
- Fattori genetici e legati al temperamento dell’individuo;
- Una spiccata sensibilità all’ansia;
- Una visione pessimista della vita;
- Un attaccamento insicuro.
Contribuiscono notevolmente caratteristiche familiari come la sottomissione, l’insicurezza e il comportamento schivo. Lorna Benjamin individua alcune caratteristiche centrali nella storia evolutiva del DDP:
- Le persone con Disturbo Dipendente di personalità hanno avuto, all’inizio del loro ciclo evolutivo, un esordio positivo fatto di attenzione costante e di presenza affettuosa. Questo da bambini gli ha permesso di creare un buon attaccamento con gli altri, imparando a capire quello di cui hanno bisogno, quando ne hanno necessità. È quello che viene chiamato “stadio della fiducia/sfiducia” e viene portato a termine in maniera ottimale. Questa modalità si rinforza ed è portata avanti mostrando fiducia in un altro “significativo”.
- Le figure significative, quando dal punto di vista evolutivo è il momento, dovrebbero smettere gradualmente di prendersi cura del bambino. Ciò non avviene nel caso dei DDP. I genitori continuano ad offrire la stessa dose di aiuto e protezione anche quando sarebbe opportuno che un bambino inizi, da solo, a fare le cose. Questo può succedere perché i genitori amano l’intimità con il bambino dipendente. In altri casi, questo avviene per il concetto della “tanica vuota”: se un bambino riceve sempre attenzioni e cure, tutto andrà bene. Nessuna frustrazione dovrà mai esserci perché il rischio è quello di ottenere comportamenti nevrotici. Tale linea educativa, purtroppo, non corrisponde a verità, perché un eccesso di cure, in un’età che dovrebbe iniziare a promuovere l’autonomia, indebolirà il bambino, invece di rafforzarlo. Questo inizia a causare dipendenza. Il bambino, se vorrà continuare a ricevere le cure che ha sempre avuto, comprende che dovrà dipendere e sottomettersi alle figure di autorità. Se il prezzo da pagare perché ci si occupi completamente di lui è la sottomissione, il bambino inizierà ad accettarla;
- La persona con disturbo dipendente di personalità spesso è stato un bambino preso in giro dai suoi coetanei per la sua incompetenza e che ha interiorizzato questo senso di inadeguatezza;
- Al centro della storia del DDP c’è un controllo ossessivo e opprimente dei genitori; Il bambino, quindi, inizia a non percepire altre alternative se non quella della sottomissione. Va detto che la protezione eccessive e le cure maniacali non sono il solo modo per causare dipendenza. Un altro modo è avere una famiglia ostile e controllante.
La mancanza di autostima ed efficacia è data del continuo confronto con dei genitori ambivalenti, che alternano capacità di fornire aiuto e accudimento a situazioni in cui questo non avviene in modo adeguato rispetto all’età. Per adeguarsi a tale ambivalenza il bambino è portato a sviluppare strategie che facciano rimanere il più vicino possibile e il più a lungo possibile, le figure di riferimento, perfezionando tecniche di dipendenza con l’obiettivo di fugare ogni possibilità di abbandono.
Trattamento
La terapia psicologica è raccomandata per dare la possibilità, alle persone con Disturbo dipendente di personalità, di poter lavorare:
- Sulle abilità sociali;
- Sull’indipendenza e l’autonomia;
- Sulle competenze comportamentali e affettive;
- Sull’ incremento dell’autostima;
- Sull’ apprendimento di modalità sane nella gestione delle proprie emozioni negative;
- Sul riconoscimento dei propri desideri e delle proprie esigenze.
È molto importante che il paziente impari a separarsi dalle figure significative, compreso il terapeuta, incrementando il sentimento di autoefficacia e di scurezza in sé stesso. Tutto questo, ovviamente, andrà fatto con delicatezza e rispettando delle tempistiche idonee al livello di gravità del paziente. L’obiettivo del trattamento è quello di raggiungere l’autonomia. Questo può essere fatto iniziando a mettere in discussione le distorsioni cognitive messe in atto dal paziente e le sue credenze disfunzionali, al fine di favorire una nuova interpretazione, più sana e consapevole, delle proprie emozioni e dei propri comportamenti.
Diventare più attivi all’interno della propria vita, senza la richiesta di continue rassicurazioni, è un’operazione che si raggiunge imparando a tollerare maggiormente le proprie emozioni negative e affrontando meglio situazioni stressanti. Sarà molto importante, inoltre, lavorare sui copioni messi in atto dai pazienti all’interno delle relazioni e sui circoli viziosi volti a confermarli nel loro ruolo. Imparare a riconoscerli, al fine di prevenirli, aiuterà a non creare le condizioni base, in una relazione, tipiche del disturbo.