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Se il desiderio fosse semplicemente quello di essere felici, sarebbe facile realizzarlo; tuttavia, desideriamo essere più felici degli altri e questo è sempre difficile, poiché crediamo che gli altri siano più felici di quanto non lo siano veramente

Montesquieu

La FOMO, dall’inglese Fear of Missing out (‘paura di essere escluso o tagliato fuori’), può essere definita come una nuova forma di ansia sociale che si riferisce alla preoccupazione pervasiva che gli altri stiano conducendo esperienze gratificanti quando non si è presenti o direttamente coinvolti, o al timore di essersi persi alcune informazioni, eventi, esperienze o decisioni che avrebbero potuto rendere migliore la propria esistenza. Tale forma di ansia può presentarsi in una serie di situazioni alquanto variegate, ad esempio non poter partecipare a una festa il sabato sera, o non aver visto la serie di cui tutti stanno parlando: la costante è che, pur non essendo perfettamente coscienti di quale sia la causa, tali situazioni comportano, per chi soffre di FOMO, un senso di impotenza rispetto al fatto che si stia “perdendo” qualcosa di importante.

Tale preoccupazione comporta un forte bisogno di essere costantemente connessi con gli altri e con quello che stanno facendo e, per questo motivo, è fortemente correlato all’uso dei social network, appositamente pensati per stare in contatto con altre persone e partecipare alle loro vite.

I social media: un’arma a doppio taglio

Il massiccio sviluppo dei social media, avvenuto nel corso degli ultimi anni, ha infatti reso più semplice sapere tutto rispetto ai nostri amici e conoscenti (cosa stanno facendo, comprando, mangiando, che cosa gli interessa) creando molteplici opportunità in cui è possibile entrare in contatto con un numero consistente di individui. Tuttavia, negli ultimi anni, tale aspetto si è rivelato un’arma a doppio taglio poiché, sebbene gli altri mettano costantemente a disposizione nuove informazioni nell’arco della giornata, il tempo che ciascun individuo ha a disposizione per accedervi non è infinito bensì limitato, creando innumerevoli nuovi scenari in cui ciascuno di noi potrebbe sentirsi “tagliato fuori” da ciò che gli altri stanno facendo.

Proprio perché fortemente collegata all’uso dei social, la FOMO è stata definita “la malattia del nostro secolo”.

Una delle caratteristiche dei social, che facilita l’insorgere della FOMO negli utenti, è il fatto che questi forniscono continuamente l’opportunità di confrontare le proprie esperienze con quelle degli altri o, più precisamente, con un’immagine perfettamente curata e ricercata delle loro vite. Non è un segreto, infatti, che le persone tendano a condividere contenuti che ne favoriscano un’impressione estremamente positiva, anche se tali contenuti non siano realmente rappresentativi del loro stile di vita: le foto che infatti condividiamo, sono tendenzialmente quelle in cui ci sentiamo più in forma, in cui non si notano evidenti imperfezioni, o in cui mettiamo in mostra il nostro nuovo costoso acquisto. Prima che la foto o il post venga ritenuto sufficientemente “perfetto” da essere pubblicato, viene dunque sottoposto a una lunga serie di filtri.

La costante esposizione a contenuti perfetti distorce progressivamente la nostra idea su cosa sia “normale” e, conseguentemente, ci induce a riflettere su quanto il nostro stile di vita, il nostro corpo, i nostri successi, siano differenti da quelli degli altri provocando spesso un forte senso inferiorità ed inadeguatezza.

Detto in parole povere, è difficile essere realmente soddisfatti di ciò che si ha quando ci si paragona ad uno standard non raggiungibile o irrealistico. Tutto ciò porta all’instaurarsi di un contraddittorio circolo vizioso: anziché allontanarsi dai social, fonte delle proprie ansie e del senso di inferiorità, si tende ad utilizzarli sempre più spesso, così da non sentirsi esclusi, postando contenuti altrettanto curati che possano competere con quelli degli altri. Questi contenuti vengono a loro volta visti da qualcun altro e questo indurrà in loro un senso di inadeguatezza e inferiorità, allargando il fenomeno a macchia d’olio.

Va specificato che la FOMO esiste da sempre. Tutti nel corso della loro vita hanno avuto paura di non essere invitati a una festa, a una cena o di essere esclusi da una partita di calcetto. Il punto è che l’avvento dei social network ha amplificato enormemente questa paura. Il tentativo di alleviare ansia, stati di solitudine o vissuti di noia porta spesso, inoltre, al paradosso di doversi confrontare frequentemente proprio con eventi nei quali non si è stati coinvolti. La possibilità di visionare continuamente quanto postato dagli altri consente di sapere, in tempo reale, cosa fanno e crea un bisogno che ha tutte le caratteristiche di una dipendenza, inclusa la relativa “crisi di astinenza” che sopraggiunge quando non si può usufruire di questo mezzo in modo compulsivo.

FOMO: un fenomeno che colpisce soprattutto gli adolescenti

È ormai appurato che sono soprattutto gli adolescenti con un basso livello di autostima e maggior insicurezza a essere a rischio, da questo punto di vista. È stato inoltre osservato che, in percentuale, sono di più i soggetti maschi ad essere colpiti. L’età rappresenta dunque un fattore importante di maggior vulnerabilità se si prende in considerazione il fatto che un uso estremamente frequente dei social copre una percentuale del 94% nella fascia di popolazione inclusa tra i 15 e i 24 anni.

I dati a nostra disposizione ci dicono, infatti, che a fare quotidianamente esperienza di FOMO, sono il 70% dei ragazzi. L’adolescenza rappresenta, del resto, un periodo molto delicato della vita di una persona. È un momento di transizione caratterizzato da numerosi cambiamenti in cui si modificano le relazioni con i propri genitori, si verifica distanziamento dal nucleo familiare, si amplia il proprio gruppo sociale e aumenta il bisogno di entrare in relazione con i propri coetanei, cambia il proprio corpo e il rapporto con esso. Già di per sé questo basta ad alimentare dinamiche di dipendenza. Abituati da sempre all’utilizzo di internet attribuiscono, alla realtà digitale, la stessa importanza di quella fisica. I gruppi virtuali hanno la stessa identica importanza dei gruppi reali ed essere esclusi o sentirsi tali, alimenta una drastica perdita del senso di appartenenza, dovuta alla percezione di perdersi qualcosa di importante che sta succedendo in loro assenza. Questo produce una severa messa in discussione del proprio valore personale con relativa produzione di ansia e frustrazione.

Il rischio è che si possa essere indotti a confondere la vita reale con quella creata virtualmente nei social network, rendendo le sue conseguenze ancora più pervasive.

Va precisato che, sebbene questo fenomeno sia molto diffuso tra gli adolescenti, non significa che l’età sia un elemento predisponente per lo sviluppo della FOMO: infatti, l’unico fattore che è stato collegato a frequenti manifestazioni di FOMO è l’utilizzo pervasivo dello smartphone che, attualmente, è più comune tra gli adolescenti per le ragioni appena discusse, ma che comunque include anche altre fasce di età.

Le ripercussioni della FOMO sul benessere psicologico della persona

Numerosi studi hanno ipotizzato che esperienze frequenti di FOMO (le quali prevedono una costante svalutazione di sé), possano influire negativamente sul benessere psicologico delle persone contribuendo, in alcuni casi, allo sviluppo di veri e propri stati disforici o episodi depressivi più o meno gravi. Alcune ricerche hanno inoltre evidenziato come una ripetuta esposizione a stati affettivi negativi possa, a sua volta, comportare una serie di effetti dannosi a livello fisico (con l’insorgenza di sintomi di vario genere) e cognitivo (portando ad un’alterazione della percezione di sé). Una delle conseguenze più frequenti della FOMO, tuttavia, è l’instaurarsi di una vera e propria dipendenza da internet e di sintomatologie relative derivanti da un uso improprio di questo mezzo, come la NoMofobia (“No mobile (phone) Fobia”), che indica la paura di rimanere con uno cellulare privo di connessione e quindi di restare isolati dal mondo e dai social, o la “Ringxiety” (“la sindrome da vibrazione fantasma”), di cui soffre chi crede di avvertire, con grande frequenza, notifiche inesistenti provenienti dal proprio cellulare. Infatti, soltanto controllando ossessivamente il cellulare e restando connessi 24 ore su 24 è possibile alleviare lo stato di ansia sociale causato dalla FOMO che, in questo senso, si pone come un autentico precursore di tali sintomatologie.

            Seppur tali studi abbiano identificato la FOMO come punto di partenza di una serie di disagi psicologici, altri autori hanno ipotizzato che il senso di insoddisfazione da questa generato potrebbe essere connesso ad un’insoddisfazione di base più profonda: in quest’ottica, la FOMO non sarebbe essa stessa la fonte del malessere, ma il sintomo di una sofferenza più generale. Ad esempio, secondo la teoria dell’autodeterminazione, (SDT, Self-determination theory), perché vi possa essere un benessere psicologico, è necessario che ciascun individuo soddisfi tre bisogni psicologici fondamentali:

  • competenza (capacità di agire efficacemente);
  • autonomia (iniziativa personale e autoefficacia);
  • relazione (sentirsi in relazione e in connessione con gli altri).

È possibile nutrire questi bisogni tramite una costante connessione alla propria rete sociale. In linea con questa teoria, è possibile concettualizzare la FOMO come un tentativo patologico di autoregolarsi di fronte ad una prolungata mancanza di soddisfazione di tali bisogni che porterebbe, le persone che ne soffrono, ad avvicinarsi ai social, fonte inesauribile di connessioni con gli altri e luogo virtuale in cui è possibile dare sfoggio delle proprie competenze sociali. Avere paura di essere esclusi o percepire chiaramente il fatto di esserlo genera ansia che produce a sua volta un comportamento compulsivo volto al controllo dei social e finalizzato a ridurre l’ansia. Questo produce quindi un circolo vizioso, che invece di risolvere il problema, lo alimenta. Nel momento in cui viene agito il controllo dei social la tensione diminuisce, ma solo per poco tempo. Questo, quindi, alimenta un atteggiamento ripetitivo che, nel lungo periodo, ne provoca un incremento.

Gli studi effettuati indicano un impatto consistente sul benessere personale che si manifesta, in chi è soggetto a frequenti esperienze di FOMO, con alterazioni importanti del ciclo sonno-veglia, senso persistente di stanchezza, forte stress.

Comprendere la FOMO per superarla

Winnicott affermava: “Se non si insegna ai bambini a stare da soli, si sentiranno soli”. Come fa osservare Sherry Turkle, per arrivare a godere di una sana reciprocità è fondamentale imparare a stare bene da soli. Gli smartphone sono pericolosi proprio perché ci privano della possibilità di sperimentare vissuti di solitudine e di noia, momenti fondamentali in cui vengono attivati percorsi neuronali importanti per trovare soluzioni a questi vissuti. Come dice sempre la Turkle: “A volte non hai tempo per i tuoi amici, tranne se sono on line”. Comprendere le radici profonde dell’ansia connessa alla FOMO è sicuramente il primo passo verso il superamento del problema. Tuttavia, vi sono alcune accortezze che potrebbero aiutare ad alleviare la sofferenza indotta da questo fenomeno.

Vista la costante necessità di assicurarsi che la propria vita rispecchi gli standard fissati dagli altri, una pratica che potrebbe risultare utile è quella di “filtrare” le pagine e i post visionati, affinché ci mostrino soltanto utenti che promuovono immagini realistiche della loro vita, eliminando persone che tendono a pubblicare contenuti che danno sfoggio di livelli irraggiungibili di perfezione. In tal modo, si potrebbe alleviare il senso di inferiorità che alimenta il continuo ciclo di utilizzo dei social. Molto importante è anche avviare un lavoro costruttivo sulla capacità di gestire opportunamente le proprie aspettative: non è pensabile credere che ogni post che andremo a condividere sui social possa ricevere centinaia di like e approvazione assoluta. Se l’appeal iniziale dei social media era quello di poter utilizzare le piattaforme come una sorta di “diario di bordo”, atto a documentare le proprie esperienze, potrebbe essere più funzionale servirsi di mezzi cartacei per riportare i propri ricordi, così da eliminare l’utilizzo dei social (per quanto tale accortezza risulti indubbiamente complessa da mettere in atto, per chi ha ormai sviluppato una sorta di dipendenza da internet). Limitare l’attività online (in alcuni casi fino a interromperla drasticamente), a favore di altre attività offline, è comunque fortemente consigliato, come anche darsi delle regole precise sul come e quanto tempo passare sui social.

È importante anche lavorare al fine di costruire un esame di realtà in cui si comprenda quanto sia impensabile l’idea di poter essere presenti in ogni luogo e in ogni momento. Infine, cercare di aumentare le occasioni in cui è possibile creare connessioni più profonde dal vivo, piuttosto che online, potrebbe permettere, a chi soffre di FOMO, di gratificare il proprio bisogno di affiliazione e connessione bypassando l’utilizzo dei social e cercando di eliminare quello che viene definito Phubbing, ovvero la tendenza a trascurare il proprio interlocutore fisico, con il quale ci troviamo faccia a faccia, proprio per seguire compulsivamente quello che sta accadendo online. L’obiettivo per liberarsi dalla FOMO, la “paura di essere tagliati fuori” è quello di riuscire, come suggerisce Eckart von Hirschhausen a raggiungere la Jomo (“Joy of missing out”), ovvero la “gioia di essersi persi qualcosa”.