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Il termine anglosassone “Stalking” deriva dal verbo “to stalk” e vuol dire “fare la posta”, “caccia in appostamento”, “avvicinarsi furtivamente”, “pedinare”, “avvicinarsi di nascosto”. Mentre esistono comportamenti che, nella quotidianità di ognuno di noi, rientrano nell’assoluta normalità delle nostre relazioni con gli altri (come l’utilizzo dei più svariati mezzi di comunicazione per tenerci in contatto con le persone che conosciamo, fare regali o anche sorprese), quello che caratterizza l’attività di stalking è la natura persecutoria con la quale lo stalker agisce nei confronti della vittima, dando a questi comportamenti un taglio estremamente ripetitivo e ossessivo. Quello che caratterizza l’attività dello Stalker è l’enorme mole di messaggi, di mail, di telefonate a sfondo sessuale, di appostamenti vicino al posto di lavoro, o all’abitazione, della persona oggetto di queste attenzioni. Tutto ciò crea forte disagio psicologico in chi subisce queste pressioni e sovente, con il tempo, acquistano un carattere marcatamente vessatorio, creando un’escalation che porta a minacce, molestie di vario tipo e atti violenti nei riguardi della vittima.

Lo stalking, che viene anche chiamato “sindrome del molestatore assillante” può essere messo in atto da una persona che la vittima conosce bene, ma anche da uno sconosciuto incontrato solo per caso. La maggior parte delle volte, lo stalker è di sesso maschile, partner o ex partner della vittima.  Il molestatore tende ad agire sulla base di un affetto provato nei riguardi della vittima, che può originarsi da una situazione reale o anche del tutto immaginata, fantasticata. Lo stimolo più frequente è quindi il desiderio di ottenere un legame con la persona oggetto di interesse e l’esigenza di riuscire a mantenere il più possibile la vicinanza e l’intimità. Capita però, molto spesso, che le motivazioni siano più legate a motivi di vendetta, laddove il rifiuto sia ormai stato palesato, ponendo lo stalker davanti ad un’evidenza: la relazione è ormai impossibile da ottenere e “l’oggetto amato” è irraggiungibile. In questo caso i comportamenti persecutori e violenti hanno l’unico scopo di “curare” la sofferenza avvertita dallo stalker generando una serie di comportamenti del tutto ambivalenti che oscillano repentinamente tra messaggi di odio e di amore e che sono lo specchio perfetto del contrasto tra rabbia e attrazione che lo stalker, in questa fase, vive nei confronti della vittima. Da ciò si scateneranno tutta la serie di comportamenti ripetitivi, ossessivi e intrusivi di cui abbiamo accennato sopra. Il quadro psicopatologico al quale bisogna fare riferimento, quando si parla di Stalking e dei comportamenti che lo contraddistinguono, deve tener conto di tre fattori:

  1. Ossessività: viene vissuto ripetitivamente da parte dello Stalker un’ambivalente modalità all’interno della quale si sviluppano, in alternanza, pensieri e fantasie di rifiuto da parte della vittima e la convinzione di poterla controllare e di poter esercitare potere su di lei;
  2. Impulsività: viene manifestata incapacità nel riuscire a contenere e controllare l’esigenza di agire comportamenti persecutori e assillanti, uniti ad uno stato costante di ansia e agitazione, laddove si verifichi l’impossibilità di poter controllare la vittima;
  3. Compulsività: le azioni messe in atto dallo Stalker hanno la funzione di sollevare il molestatore dalla sensazione di disagio che prova a causa dei sentimenti di rabbia, abbandono, impotenza e anche depressione. Esiste quindi una incapacità nel controllare l’impulso ad attuare comportamenti assillanti, nonostante il rischio di ripercussioni negative.

Diversi studi hanno evidenziato due precise categorie di comportamenti intrusivi attraverso i quali lo stalking può essere messo in pratica:

  1. Iper-intimità e contatti mediati: sono modalità di comunicazione volte ad esprimere alla vittima i propri bisogni, il proprio stato d’animo e i propri desideri e il tutto viene agito giocando su quelli che sono i più canonici stereotipi del corteggiamento. Chiaramente la modalità scelta non avrà caratteristiche che rientrano nella norma. L’obiettivo è quello di ottenere un livello totale di intimità, ovvero la creazione di un modello ripetitivo e intenso di manifestazioni improprie ed eccessive attraverso le più svariate forme di comunicazione (“contatti mediati”), come telefono, lettere, bigliettini, mail, regali, fotografie.
  2. Contatti interattivi impropri: in questi comportamenti rientrano tutti quelli volti al controllo della vittima come la ricerca di contatti faccia a faccia. Questi prevedono, oltre al semplice discutere o lamentarsi, anche il farsi trovare in luoghi frequentati dalla vittima e il metterla in condizione di sentirsi fisicamente limitata negli spostamenti, fino al coinvolgimento di terze parti come, per esempio, parenti della vittima, o investigatori privati. Spesso da qui, il passo è breve per aprire ad azioni marcatamente persecutorie (sorveglianza, pedinamento, palesi invasioni della privacy, molestie, intimidazioni e aggressioni). In alcuni casi si può arrivare anche a casi di grave danneggiamento della persona vittima di stalking o all’omicidio della stessa.

Va specificato che queste due forme di comportamento vengono spesso utilizzate entrambe dal molestatore e l’utilizzo di una non esclude l’utilizzo contemporaneo dell’altra. 

Il terrorismo psicologico messo in atto ai danni della vittima, fa sì che questa si trovi in un costante stato di allerta, di emergenza e di continuo stress psicologico che la possono portare ad avere pesanti ricadute psicologiche, alcune delle quali possono anche durare molto nel tempo o, a volte, cronicizzarsi. Alcune di queste sono:

  • Ansia;
  • Depressione;
  • Disturbo post traumatico da stress (visione negativa del futuro, distacco emotivo dall’ambiente, riduzione dell’interesse per le attività sociali, amnesie dissociative) e Disturbo Post Traumatico da Stress Complesso (cambiamento nella percezione di sé stessi, degli altri e del proprio molestatore, perdita di fiducia in sé stessi e difficoltà nella regolazione delle emozioni);
  • Alterazione del ciclo sonno/veglia;
  • Somatizzazioni di varia natura;
  • Avversione sessuale: disgusto, paura e diminuzione della libido;
  • Vaginismo: le relazioni intime diventano difficoltose e, talvolta, impossibili.

Dal momento che i motivi e i bisogni che danno origine alle molestie possono essere molto differenti, alcuni studi hanno messo in evidenza il fatto che esistono 5 categorie ben distinte di stalker:

  1.  Il risentito: il suo comportamento è dovuto al desiderio di vendetta che il molestatore matura in seguito ad un torto che ritiene di aver subito. Essendo appunto la vendetta il motore scatenante delle sue azioni, in questa categoria rientrano individui piuttosto pericolosi sia per la vittima che per sé stessi;
  2.  Il bisognoso d’affetto: in questa categoria rientrano i soggetti motivati dalla costante ricerca di attenzioni e di relazione sia amorosa che di amicizia. La vittima viene considerata come “in grado” di poter risolvere il bisogno di affetto dello stalker. A questa tipologia di molestatore corrisponde anche quella categoria di persone affette da “delirio erotomane”: lo stalker è convinto, cioè, che le reazioni della vittima non siano altro che una forma di desiderio che la vittima nutre nei suoi riguardi, ma che non riesce ad ammettere;
  3. Il corteggiatore incompetente: sono persone incapaci di riuscire a stabilire una qualsiasi forma di sintonia con la persona nei riguardi della quale hanno un interesse. Sono “incompetenti” da un punto di vista relazionale. I comportamenti che ne derivano sono opprimenti e diventano spesso violenti quando il molestatore non ottiene quello che desidera;
  4. Il respinto: a questa tipologia appartengono le persone che sono state lasciate o respinte, appunto, da un’altra persona. La molestia viene messa in atto per cercare di ristabilire la relazione avuta precedentemente con la vittima. Per queste persone infatti, l’atto persecutorio viene interpretato comunque come una forma di relazione che è da preferirsi alla perdita totale della relazione, avvertita come inaccettabile;
  5. Il predatore: è un molestatore che vuole avere rapporti sessuali con la vittima e che tende ad incutere terrore nella persona bersaglio delle sue attenzioni. Questo perché la paura, per questo tipo di stalker, è fonte di eccitazione dovuta al potere che in questo modo riesce ad esercitare sulla vittima.

Lo stalking è una modalità tipica di agguato mentale in cui l’aggressore fa irruzione nella quotidianità della vittima in modo violento e reiterato. Una singola azione spesso non basta per poter essere definita persecutoria, ma l’insieme di questi atti e di certi comportamenti traumatizzano profondamente il destinatario delle molestie.

Gli effetti dello stalking sulla vittima possono essere estremamente pesanti. Al contrario, lo stalker mette in atto tutta una serie di atteggiamenti persecutori perché questo gli provoca piacere. Lo stalker tende ad entrare in uno stato di vera e propria eccitazione quando mette in pratica determinate condotte e la persecuzione rappresenta una forma di continuazione della relazione con la vittima perché la perdita viene vissuta come intollerabile e troppo destabilizzante. Nella mente del molestatore, quindi, la vittima ha la funzione di compensare le sue carenze personali e affettive.

Sebbene lo stalker non sia inquadrabile in una precisa categoria diagnostica, sono state osservate alcune caratteristiche comuni ad una percentuale significativa di molestatori:

  • Frequentemente chi commette atti di stalking ha un “modello di attaccamento preoccupato”, che si caratterizza per la continua ricerca di approvazione da parte dell’altro al fine di potenziare un’autostima bassa e compromessa. E’ una persona che ha avuto quindi una relazione con i genitori, o con chi si è preso cura di lui, molto contraddittoria.
  • Sono spesso presenti, negli stalker, diverse caratteristiche tipiche della personalità borderline:
  • comportamento aggressivo;
  • comportamento autolesivo;
  • forte alternanza tra una tendenza a svalutare l’altro e poi a idealizzarlo.
  • Il molestatore ha caratteristiche comportamentali con marcati tratti paranoidi ed un elevato livello di sospettosità (gelosia ossessiva).
  • Gli stalker si caratterizzano per la presenza di importanti tratti narcisistici marcatamente patologici. Sono molto “sensibili-insensibili” al rifiuto e ai sentimenti di vergogna ed umiliazione che ne derivano. La rabbia e la totale svalutazione della vittima sono i modi con i quali il molestatore si difende da tutto questo.

Quello che frequentemente accade, inoltre, soprattutto nei paesi di cultura latina (anche se il fenomeno è comunque esteso), è che determinati segnali vengano inizialmente giustificati, sottovalutati o comunque ritenuti normali per la cultura di appartenenza. Basti pensare a quanto sia presente, nell’immaginario collettivo, la figura del corteggiatore insistente che alla fine riesce a conquistare la sua amata, o la figura dell’innamorato abbandonato che riesce, alla fine, a convincere la sua ex a tornare con lui. Film e letteratura sono pieni di queste figure. I dati statistici dicono che mentre gli uomini stalkers cercano solo le donne, queste ultime, invece, cercano altre donne.

I contesti in cui lo stalking si manifesta con maggior frequenza sono:

  • nel 55% circa nella relazione di coppia;
  • nel 25% circa in condominio;
  • nel 5% circa in famiglia (figli/fratelli/genitori);
  • nel 15% circa sul posto di lavoro/scuola/università.

Difendersi dallo stalking

La caratteristica clinica predominante nello stalking è la “fissazione” che il molestatore matura nei riguardi del suo “oggetto d’amore” ipotetico. È quindi fondamentale imparare a difendersi ed esistono alcune regole che è importante conoscere e applicare:

  1. per prima cosa il problema va riconosciuto come reale e non va negato. Sottovalutare il problema non fa altro che aiutare lo stalker nel suo intento. È quindi importante informarsi sull’argomento per comprendere le dinamiche basilari del fenomeno;
  2. se la molestia consiste nella richiesta di iniziare o ristabilire una relazione indesiderata, è necessario essere fermi nel “dire di no” una sola volta e in modo chiaro. Non è buona cosa interagire con lo stalker consigliandogli, per esempio, di farsi curare da qualcuno oppure arrabbiandosi con lui o anche solo restituendogli un regalo. Tutti questi segnali verrebbero comunque letti come fonte di interesse da parte della vittima nei riguardi dello stalker. Le risposte ambigue, quindi, devono essere bandite;
  3. sarà molto importante cambiare la propria routine facendo le cose in orari diversi dal consueto e frequentando il più possibile posti affollati, evitando luoghi isolati. In alcuni casi la presenza di un cane da guardia può fungere da ottimo deterrente;
  4. non è consigliabile cambiare numero di telefono, perché questo potrebbe aumentare il livello di rabbia del molestatore. È consigliabile l’attivazione di una seconda linea telefonica lasciando che la vecchia linea vada piano piano a morire, silenziando il telefono e rispondendo sempre meno. È anche consigliato l’acquisto di una segreteria telefonica e di qualsiasi mezzo possa aiutare la vittima a produrre una sufficiente mole di prove;
  5. è importante avere sempre un cellulare a portata di mano per chiedere aiuto qualora ce ne fosse bisogno;
  6. se si crede di essere seguiti o pedinati, dirigersi direttamente alla polizia senza fermarsi da amici o conoscenti;
  7. la rabbia e la paura, nella vittima, non dovrebbero mai avere il sopravvento. L’indifferenza sembra essere la strategia migliore anche se è comprensibile che in situazioni del genere i livelli di stress siano elevati. Lo stalker infatti si “nutre” della paura della vittima, ma anche delle reazioni rabbiose e/o fisiche che la vittima può avere, a volte, nel tentativo di difendersi.

È molto importante che le vittime di stalking possano trovare all’interno del setting terapeutico un ambiente empatico e accogliente che faciliti la possibilità, per la vittima, di potersi fidare e di sentirsi compresa. In una fase iniziale è importante anche procedere con una psicoeducazione volta a chiarire quali sono i meccanismi alla base delle molestie e a fare in modo di ridurre il più possibile l’esposizione della vittima a episodi di aggressione e di pressioni di vario tipo da parte del molestatore. Devono poi essere elaborati tutti i vissuti emotivi che la vittima ha sperimentato durante le aggressioni, perché queste provocano molto spesso un profondo cambiamento di tutte quelle che erano le convinzioni in merito alla sicurezza dell’ambiente circostante, alla propria autostima e alla gestione delle proprie emozioni.  È importante ristabilire nella vittima, quel senso di sicurezza percepita, che era vissuta nel periodo antecedente all’inizio delle molestie.

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