Sommario

Il fenomeno della vetrinizzazione

Nel ‘700, “l’invenzione” della vetrina ha contribuito a costituire una fase di radicale frattura nella storia della cultura occidentale. È infatti con essa che ha visto la luce anche il fenomeno della “vetrinizzazione”, un processo che, da allora, non ha mai smesso di continuare ad evolversi e svilupparsi. La vetrina ha operato un cambiamento molto importante a livello percettivo tra la massa che iniziava a fruirne. Davanti ad essa l’individuo si è trovato a dover elaborare da solo le informazioni veicolate dalla merce esposta, che prima, invece, veniva tenuta nascosta all’interno del negozio e presentata dal commerciante su richiesta del cliente. L’esposizione su strada del “prodotto”, quindi, ha permesso al senso della vista di essere maggiormente stimolato.

Questo ha indubbiamente aiutato molto il proliferare di quella tendenza voyeuristica che oggi è assolutamente peculiare della nostra cultura. Non a caso si parla di “cultura delle immagini” essendo ormai, la nostra, una società profondamente basata sulla stimolazione e sul linguaggio visivo. Proprio davanti alla vetrina, l’individuo ha iniziato a “vivere in solitudine” rinunciando per scelta sua, o del sistema, ai vantaggi della condivisione comunitaria. La “vetrina”, stringendo un solido rapporto con i media, segna il passo di un cambiamento che prevede una modalità consumistica sempre più “in solitudine”.

È l’immediatezza con la quale il passante deve rimanere colpito dal prodotto che vede esposto, a creare quell’esigenza di istantaneità e di immediata soddisfazione personale che è alla base della nostra attuale cultura. Quello che viene tramandato con cura dal passato sembra perdere importanza, non avere quasi più valore. Nella necessità di consumare con immediatezza quello che ci colpisce, solo “il nuovo” sembra interessante. 

La “vetrina” è il nuovo modo per fuggire dalla realtà che gli individui si trovano a vivere. Si configura, del resto, come una metafora ideale di quella che è, oggi, l’attitudine comunicativa che tende a primeggiare. Lo schermo consente ai post, ai commenti, ai like e alle nostre immagini prodotte e pubblicate sui networks, di apparire come nostre immagini speculari. Essi “non sono rappresentazioni, ma qualcosa di più vicino alla nostra identità, sono immagini che vivono grazie allo sguardo del soggetto o degli altri”. Inoltre, essendo il computer, oramai, di dominio planetario nel suo modo di mettere in contatto le persone, è normale che ne incarni e ne comprenda ansie, paure, debolezze, aggressività di varia natura e che ne amplifichi l’impatto. Ogni individuo può ritenersi indipendente da tutti i legami che lo uniscono alla propria identità nella vita reale, come il corpo, il nome, la propria storia individuale.

Il sexting

Il termine Sexting deriva dalla crasi di due parole inglesi, “sex” (sesso) e “texting” (inviare messaggi di testo) ed è un neologismo che si riferisce allo scambio (invio, ricezione, condivisione) di messaggi o fotografie dal contenuto sessualmente esplicito o comunque inerenti la sfera sessuale. Questo materiale, generalmente realizzato con il cellulare, viene poi diffuso su Intenet attraverso i canali più comuni (Whatsapp, Mail, Social Networks). Negli ultimi anni il fenomeno è diventato estremamente comune, quasi una vera e propria moda, tra gli adolescenti e i giovani adulti.

A renderlo così affascinante è il fatto che il sexting unisce due fattori di indubbio appeal:

  1. Il piacere per il sesso e per le situazioni erotiche in generale;
  2. La possibilità di svolgere questa attività in maniera a volte quasi convulsa, travolgente, con lo scambio di centinaia, se non addirittura migliaia di messaggi da parte di ogni singolo individuo.

Quello che è importante chiarire, prima di continuare a parlare di questo argomento, è che il sexting non può essere considerato un comportamento illegale. È incluso, di diritto, tra le attività funzionali a favorire la scoperta della propria sessualità e che contribuiscono alla scoperta della propria identità. Quello che invece va considerato con molta attenzione, è il rischio che può derivare da un’eccessiva leggerezza con cui alcuni ragazzi tendono a comportarsi in rete.

Inviare una foto sessualmente esplicita o in atteggiamenti particolarmente ammiccanti al proprio fidanzato o alla propria fidanzata, per esempio, spesso serve per dare di sé un’immagine più adulta non solo agli altri, ma anche nei riguardi di sé stessi. Questo “regalo” inviato al partner, serve proprio a gestire le tante insicurezze che caratterizzano l’adolescenza e spesso viene considerato come una “prova d’amore” per la coppia. Il mezzo tecnologico, inoltre, fornisce molteplici modalità per sperimentarsi e offre la possibilità di “osare” con grande libertà e dando la percezione che non ci sia nulla di cui avere vergogna o timore. Il pudore non viene percepito come limite. Inoltre, condividere “tra pari” immagini e/o video di natura sessuale, potrebbe essere anche visto come un mezzo “protetto” per entrare in intimità con un partner.

Questo potrebbe essere di grande aiuto, per esempio, per gli adolescenti particolarmente timidi o particolarmente ansiosi. Per loro avere a disposizione queste possibilità potrebbe costituire una sorta di “allenamento” per testare la propria immagine senza esporsi allo stress di doversi mostrare direttamente in un approccio vis a vis.

Alcune attività tipiche del sexting, quindi, non devono essere stigmatizzate eccessivamente, ma vanno considerate come naturali e “fisiologiche” sperimentazioni che servono a capire come si viene percepiti e a controllare la propria immagine. Nella maggior parte dei casi, inoltre, lo scambio di foto, video o messaggi resta circoscritto all’interno della relazione intima.

Altra cosa da considerare è che la maggior parte degli adolescenti trova nel sexting, come motivazione principale, quella di essere notato, ovvero la ricerca di gratificazioni narcisistiche.

Il motivo principale, quindi, non sembra quello di ottenere eccitazione sessuale. Lo scopo principale dello scambio di questo materiale è quello di far apparire il diretto interessato desiderabile e apprezzabile da un punto di vista sociale, all’interno del gruppo.

L’enorme quantità di mezzi di comunicazione a nostra disposizione ci consente una produzione immensa di messaggi per comunicare e relazionarci con gli altri. Quello che viene ricercato, utilizzando tutte queste “vetrine” è la possibilità di mostrarsi, di mettersi “in scena”, di avere il più possibile l’attenzione da parte degli altri e riuscire a ricevere il maggior numero di conferme possibile cercando di uniformarci sempre di più a quelli che sono gli standard imposti o comunque prevalenti nel nostro tessuto sociale. È proprio a questo che serve il “selfie”: esistere agli occhi del mondo.

Quelle all’interno delle quali i ragazzi vivono, sono tutte relazioni fortemente “tecno-mediate”. La presenza del mezzo di comunicazione è pressoché totale e continua, 24 ore al giorno. Il nostro quotidiano è pervaso e a volte invaso dai media e questo causa, di frequente, notevoli difficoltà nel riuscire a empatizzare con gli altri e a comprenderne le emozioni. In particolar modo sembra essere il dolore quello che si fa più fatica a percepire e contattare, con grave danno non solo per la messa in atto di comportamenti che prevedano solidarietà e aiuto, ma anche per lo sviluppo emotivo dell’individuo. Anche per questo oggi i conflitti relazionali vengono spesso risolti con fughe, atti di violenza di vario tipo e tagli netti.

La tendenza ad esaltare e mettere quasi “in scena” la sfera sessuale produce un crollo del livello di intimità che viene ulteriormente aggravato dalla rapidità con la quale si possono “usare” certe gratificazioni. Quello a cui sempre più spesso assistiamo è una eccessiva solitudine nel mondo reale e una eccessiva esposizione nel mondo virtuale. Questa scissione sembra fare da amplificatore ulteriore a tendenze già ampiamente presenti nella nostra società: narcisismo, bisogno di relazioni superficiali, “leggere”, ambiguità e spasmodica ricerca di sensazioni forti, come scrive Cantelmi. Sebbene diverse ricerche mostrino una superiorità delle nuove generazioni da un punto di vista cognitivo, evidenziano però anche una crescente “difficoltà nell’acquisizione di modalità simboliche”, oltre al fatto che la costante presenza on line porterà grandi difficoltà per quel che concerne l’autonomia, derivante dalla tendenza alla condivisione estrema di gran parte della propria vita. Per gli adolescenti è fondamentale il sostengo del gruppo di pari anche per raggiungere una maggiore comprensione di sé stessi attraverso la risposta dei coetanei: “Durante l’adolescenza assistiamo a una forte attrazione e fascinazione per l’identico, il doppio, l’alter ego, che rappresentano un’ancora di salvezza”. 

I rischi legati al sexting

Il fenomeno può apparire innocuo agli occhi degli adolescenti, ma può generare tutta una serie di problematiche molto gravi. Il materiale condiviso on line può diffondersi molto rapidamente sul web e se ne può perdere il controllo in brevissimo tempo. Questo spesso porta ad una esposizione immediata e massiccia che alimenta conseguenze anche molto gravi. Va inoltre considerato con grande attenzione un dato da non sottovalutare: l’età in cui viene inviato il primo messaggio “hot” è sempre più compresa tra gli 8 e i 9 anni. Un’esposizione così precoce a stimoli del genere causa un incremento di fenomeni come la “dipendenza da sesso” che va a ostacolare quello che dovrebbe essere un normale e sano sviluppo sessuale.

Ci sono inoltre tutta un’altra serie di tematiche molto importanti che hanno a che fare con l’utilizzo errato che può esser fatto del materiale inviato da parte di chi lo ha creato, o da parte di altre persone:

  • Il controllo: il materiale che viene trovato sul web non può essere eliminato mai del tutto. Già a pochi secondi dal click, l’immagine potrebbe essere stata scaricata da qualcuno e girata ad altri (e questo vale anche per chat di nuova generazione come Snapchat, che prevede la distruzione del materiale condiviso dopo pochi minuti). Le nuove tecnologie incentivano quello che viene chiamato “effetto moltiplicatore”, per cui la trasmissibilità di foto e video cresce in maniera esponenziale in un tempo brevissimo;
  • La reputazione: il materiale pubblicato rimane disponibile on line per moltissimo tempo se non per sempre. Immagini troppo spinte o provocanti possono gravemente nuocere all’immagine di chi le ha prodotte, possono creare problemi di relazione con i futuri partner e, in molti casi, arrivare a compromettere futuri rapporti lavorativi;
  • Grooming: quando viene fornita una certa immagine di sé online, è possibile attirare l’attenzione di persone sessualmente interessate a minori. Il grooming (dall’inglese “groom” – curare, prendersi cura) consiste nel mettere in atto, da parte di adulti potenzialmente abusanti, tutta una serie di tecniche che hanno come obiettivo finale quello di manipolare psicologicamente i bambini o gli adolescenti per cercare di superare le loro resistenze emotive ed indurli ad instaurare una relazione intima e/o sessuale con loro;
  • Cyberbullismo: determinate immagini possono essere utilizzate per avviare tutta una serie di comportamenti offensivi, per creare disagio e/o danno al diretto interessato. La possibilità di difendersi è minima perché il mezzo tecnologico garantisce, molto spesso, massimo anonimato e una esposizione continua, giorno e notte, ad eventuali attacchi; Inoltre, frequentemente, la vittima si trova sotto un fuoco incrociato di un gruppo e non di un singolo cyberbullo;
  • Sextortion: deriva dalle parole inglesi sex (sesso) ed extortion (estorsione). E’ una forma di abuso attraverso la quale una persona obbliga un’altra persona a fare qualcosa contro la propria volontà per ricavarne benefici. Capita, per esempio, che qualcuno costringa la vittima, ricattandola, a produrre materiale sessualmente esplicito contro la sua volontà. Spesso adulti potenzialmente abusanti utilizzano questa modalità per ottenere materiale a sfondo sessuale dai minori;
  • Pedopornografia: le immagini e i video scambiati tra minori o tra un adulto e un minore, rientrano a pieno titolo nella definizione di materiale pedopornografico. La produzione, detenzione, distribuzione di materiale fotografico o di video in cui sono rappresentate immagini di minori di 16 anni con riferimenti sessuali espliciti espone, nel nostro Paese, a conseguenze penali. Capita spesso che si crei un “effetto paradosso” per cui il creatore di materiale a sfondo sessuale diventi vittima di azioni da parte di terzi, ma che sia allo stesso tempo perseguibile per aver prodotto e divulgato materiale pedopornografico. Di fatto il reato di distribuzione di materiale pedopornografico si realizza anche se l’autore delle foto è anche il soggetto che le diffonde. Già il solo conservare le foto sul proprio dispositivo costituisce reato. I minori spesso non sono al corrente di tutte le implicazioni legali che può avere la questione. Essi stessi, nel momento in cui producono o scambiano materiale del genere, potrebbero incorrere in sanzioni penali.

Una ricerca effettuata su un ampio campione di ragazzi e ragazze tra 14 e 18 anni evidenzia come il 37% degli intervistati sostiene di aver condiviso online segreti e immagini di un amico o un’amica senza il suo consenso; il 50% ha ricevuto messaggi (di testo o foto o video da uno sconosciuto); il 43% afferma che materiale proprio è stato condiviso da altri senza il suo consenso, mentre il 51% dice di aver ricevuto immagini o video di un amico o amica in costume da bagno, o in atteggiamenti chiaramente sessualizzati. Da un’indagine effettuata all’interno delle scuole è emerso che il 20% condivide messaggi a contenuto sessuale per divertimento, il 12,6% per apparire sexy, l’11,6% per aumentare la propria popolarità e l’8,7% per prendersi gioco di qualcuno. Il momento della prima esposizione, inoltre, sembra abbassarsi in modo drastico. I primi messaggi a sfondo sessuale vengono spesso scambiati, come già accennato sopra, in una età compresa tra gli 8 e i 9 anni.  I disturbi e le problematiche che possono derivare da tutto questo riguardano una graduale diminuzione dell’autostima della vittima, la comparsa di sintomi depressivi e/o di stati ansiosi, vissuti di paura e frustrazione. Spesso a tutto ciò si accompagnano problemi scolastici e anche familiari. In alcuni casi la vittima può anche iniziare ad avere idee suicidarie e, talvolta, a metterle in pratica. Alcune ricerche hanno inoltre evidenziano come, l’invio di immagini, testi o video di natura sessuale, sia spesso associabile ad altri comportamenti a rischio quali l’uso di sostanza o l’abuso di alcool.

Aspetti legali connessi al sexting

Da un punto di vista legale, credo sia necessario chiarire che la sentenza del 21 marzo 2016, n.11675 tende a precisare che:

“Non si configura il delitto di cessione di materiale pedopornografico di cui all’art. 600 ter c.p. nell’ipotesi in cui un soggetto trasmette ad altri immagini riprese in autoscatto direttamente dal minore, cedute dallo stesso volontariamente. Il reato in parola, infatti, ha ad oggetto non un qualsivoglia materiale pornografico minorile, ma esclusivamente quel materiale formato attraverso l’utilizzo strumentale dei minori ad opera di terzi. L’impiego strumentale del minore da parte di un terzo costituisce un elemento costitutivo del reato stesso”.   Perché si possa parlare di reato, quindi, il materiale pedopornografico deve essere prodotto da terzi. In caso contrario, nel caso in cui, cioè, a produrre il materiale è stato lo stesso minore, in modo autonomo e consapevole, senza che ci sia stata costrizione alcuna o pressione di alcun tipo, allora viene meno la caratteristica che configura il reato, ovvero “l’utilizzo di minori”.

L’intenzione dalla legge sembra essere quella di voler andare in una direzione che possa lasciare agli adolescenti un’area coperta da “privacy” (come sostiene McLaughlin, che parla di “zona di privacy per gli adolescenti”) all’interno della quale possano sperimentare il cosiddetto “flirt fun”, ovvero un modo di corteggiarsi e sedursi più “leggero” che nulla ha a che vedere con condotte di natura pedofilica. Pedofilia e pedopornografia non devono quindi essere confuse con le condotte che i ragazzi mettono in atto per sperimentare nuove modalità di relazione. Ovviamente ciò non toglie che gli adolescenti debbano essere messi in guardia da eventuali rischi che si corrono in rete qualora dovessero entrare in contatto con adulti intenzionati ad entrare in possesso di materiale pornografico attraverso ricatti e pressioni di vario tipo.

Sebbene il rischio sia trasversale tra i sessi, quelle che sembrano essere più esposte sembrano essere le ragazze. Questo, anche perché sono proprio loro quelle che, statisticamente, ricorrono più frequentemente al sexting. Ciò è dovuto anche al fatto che culturalmente, quello che viene loro richiesto è di mostrarsi sempre “sexy, seduttive, ammiccanti e disponibili” portandole a proporre un’immagine di “donna” ben lontana da quello che è il principio di realtà.

Tutto questo crea ovviamente molti interrogativi da un punto di vista educativo. Spesso molti dei comportamenti che vengono agiti dagli adolescenti non sono del tutto consapevoli dei rischi e dell’importanza che la sessualità e i significati ad esse associati svolge nel percorso evolutivo. Questo frequentemente avviene all’interno di un disinteresse o di una incapacità, da parte dei genitori, di prendersi cura della questione in modo competente. È quindi fondamentale agire per la promozione di attività volte ad educare ad un buon utilizzo del mezzo e a prevenire derive comportamentali violente e disfunzionali.